Tu ce l’hai un sogno?

Ho un sogno stropicciato in tasca.
L’ho riposto lì, distrattamente, dopo averlo tenuto in mano tanto tempo. La mano sudata l’ha sbiadito un pò, come succede al foglietto della spesa che porti con te per esser certo di non dimenticare niente, poi però tra i banchi, gli scaffali, le offerte, capita che si abbia bisogno di mani libere così il foglietto finisce in fondo alla tasca del jeans, un pò accartocciato.
La vita scorre.
Una sera guardi il soffitto bianco e credi di aver chiuso gli occhi sulla giornata quando invece stai solo tornando indietro con la memoria. Ricordi giorni, impressioni, sensazioni, odori, e battiti del passato.
E’ strano e profondo lo sconcerto di accorgerti che tu non sei solo la persona che vedono gli altri, ma anche la persona che avresti voluto e potuto essere se avessi continuato a credere nel tuo sogno.
“Tu ce l’hai un sogno?” – “Ce l’avevo. Devo averlo dimenticato nella tasca di qualche pantalone…non so..forse lo ritrovo ma secondo te mi serve?”
Quando sei sulle montagne russe e inizia la discesa all’inizio credi di poter controllare la situazione ma ci vuole poco a capire che in realtà devi lasciarti portare. Tu non decidi nulla del percorso. Accetti di farlo e..che Dio ce la mandi buona.

Sandra e il suo sogno sbiadito

Il coperchio

Quando ero decisamente più giovane avevo la messa a fuoco sui miei pensieri davvero molto ben regolata; nulla che attraversasse il mio cuore o sfiorasse la mia anima restava “oggetto non identificato” per molto tempo. Forse perchè avevo molto tempo per riflettere, fatto sta che pensavo tanto e capivo abbastanza; di me, naturalmente. Sono sempre stata molto fiera di questo perchè è così che sono cresciuta ed ho anche superato ostacoli e difficoltà del momento, ho operato cambiamenti che mi hanno portata ad essere quella che sono. O che ero.
Perchè oggi non trovo più quella caratteristica che mi era tanto utile a non ristagnare nelle cose e nelle sensazioni. Se mi fermo (e già fermarsi in questo momento è difficile) ho l’impressione di essere in un vecchio e intasato ripostiglio; a casa mia si chiamava ” la stanza di sgombero”. C’era qualsiasi cosa non trovasse una collocazione consona fuori di lì e per un bambino era una stanza anche molto interessante. Crescendo è rimasta la stanza in cui andavano le cianfrusaglie; chiuse lì dentro fingevi non fossero in casa e l’idea liberava spazio anche nella mente. Ecco, io sono nella stanza di sgombero a cercare ciò che ho perso, solo che non lo trovo. E rovistare non ha mai fatto per me, nemmeno nei mercatini in cui, se rovisti bene, fai l’affare del secolo.
Così esco dalla stanza e continuo a sentirmi come una pentola che bolle e fa sobbalzare il coperchio. Se qualcuno lo togliesse almeno sbollirei e forse uscirebbe la condensa per lasciare il risultato di un lungo lavoro…
Finchè non riuscirò a togliere quel coperchio temo sarò anche a corto di troppe parole e faticherò a metterle per iscritto qui..
Come si toglie il coperchio?
Sandra